24/01/2020 – Fulvia Costantinides

E’ morta Fulvia, una cara amica che ha presentato ed informato Trieste sul Premio alla Bontà di Hazel sin dal primo giorno.
Hazel era stata con la Fulvia a realizzare progetti di solidarietà.
Il loro esempio ci servirà per continuare a fare.

Noi del Premio alla Bontà di Trieste

Mostra d’Arte 2019

Mostra 09 novembre 2019 – Comunità Greco Orientale

Presso la comunità Greco Orientale (Trieste), alle ore 11,00, si è tenuta l’inaugurazione della ventesima edizione della tradizionale mostra “La Bellezza per la Bontà – L’arte aiuta la vita”.


Mostra 26 ottobre 2019 al Castello di Duino

Al Castello di Duino – Duino (TS), alle ore 11,00, si è tenuta l’inaugurazione della ventesima edizione della tradizionale mostra “La Bellezza per la Bontà – L’arte aiuta la vita”.

Catalogo 2019

Premiazioni 2019

Il Premio alla Bontà Hazel Marie Cole quest’anno compie vent’anni avendo registrato negli anni un continuo interesse e successo che si è allargato anche fuori Trieste. La consigliera Adriana Marini, in occasione dei vent’anni, ha pubblicato il volume su Hazel Marie Cole (una copia del volume è a disposizione di chi ne farà richiesta sul sito www.premiobonta.it).
La Fondazione, istituita nel 1999 dalla Famiglia Pianciamore, ha già assegnato prima della odierna premiazione 373 premi suddivisi in tre linee di provvidenze.
La prima linea premia atti di Bontà nell’ambito della scuola elementare e media, la seconda fornisce “pocket money” a ragazzi provenienti da paesi disagiati vincitori di borsa di studio per il Collegio del Mondo Unito di Duino, la terza linea premia chi aiuta i non autosufficienti.
Come consuetudine il 13 luglio di ogni anno vengono assegnati i premi ai ragazzi della prima linea (scuole elementari e medie inferiori di tutta Italia) segnalati da Insegnanti, Direttori Didattici e Famiglie.
Quest’anno è stato registrato un record di segnalazioni e, nonostante la situazione economica la Fondazione ha desiderato mantenere l’ammontare dello scorso anno. Si è cercato pertanto di gratificare anche quest’anno quanti più candidati possibile allargando alle classi la solidarietà del Premio alla Bontà voluto dai Fondatori.
Ai primi cinque alunni che rientrano nel budget di quest’anno, verrà riconosciuto cumulativamente l’importo di 5000 Euro, mentre a una classe, una scuola ed a un alunno saranno consegnati attestati per un formale riconoscimento dei meriti per gli atti di bontà collegiali. Poichè i premiati della prima linea sono minorenni e non possono ricevere libretti a risparmio, verrà loro consegnato tra le altre cose, una “polizza vita” che garantirà loro un importo che produrrà reddito con scadenza al loro 18esimo anno di età.


I premiati della prima linea

 

KAROLINE APREA
Istituz. scol. statale Primo Circolo di Quagliano (NA)
“lotta per proteggere coloro che sono in difficoltà. Si è dedicata in particolare ad un compagno aiutandolo ad integrasi nella vita scolastica”.

BELMONTE MARCEL

IV IC. G. Aurispa di Noto (SR)
“si è distinto per bontà e altruismo nei confronti di un compagno straniero che, grazie a lui, si è integrato a scuola e nella società”.

ANTONELLA CASSINO
IC. G. Racioppi di Moliterno e Saraceno (PZ)
“si è distinta per il quotidiano e amorevole impegno nel guidare e nel sostenere un compagno di classe non vedente”.

VITTORIA COLETTI
E. De Amicis – L. Da Vinci di Caserta (CE)
“si prodiga per chi è in difficoltà. Assiste con gioia e abnegazione, spesso sostituendo la mamma, il fratellino affetto da grave patologia”.

ENTONY PASQUARELLA
IC. 2 Sant’Agata De’ Goti (BN)
“con la sua presenza, con le emozioni espresse dai suoi sorrisi, è stato una ricchezza che ha permesso ai compagni di esercitare tolleranza, altruismo, generosità e bontà nel donarsi all’altro”.

DAVIDE PATANÈ
Liceo ginnasio G. Verga di Adrano (CT)
“si prende cura di un suo compagno di classe affetto da grave ritardo mentale e motorio”.

CLASSE 1TUR/A
Ic. C. Colamonico  – N. Chiarulli di Acquaviva dwlle Fonti (BA)
“La classe si è distinta per aver svolto spontaneamente un’azione inclusiva di grande valore verso un compagno di classe disabile”.

Gli alunni  Dell’ IC. 2° di Pontecorvo (FR)
“si impegnano nella diffusione della solidarietà, dell’inclusione, del rispetto della diversità dei più deboli e degli anziani”.

Anche se fuori dalla graduatoria, ma considerando che la sua storia era comunque bella, è stata premiata con un attestato dalla Prof.ssa Gilda Pianciamore

Gloria Cilauro I.C.S. Giovanni Paolo II di Piano Tavola, Belpasso (CT)

“si è sempre distinta per educazione, disponibilità e bontà d’animo con chiunque ne avesse bisogno, mostrando particolare attenzione e dedizione per i compagni più deboli.”

I premiati della seconda linea

Primo anno accademico

Youla Ali (Siria)

Awate Elizabeth Elisama Loma (Sud Sudan)

Semo Winnie Sebit (Sud Sudan)

Yanchen Doma Tamang (India)

David Joseph (Nigeria)

Ibrahim Kondeh (Sierra Leone).

Secondo anno accademico

Rober Al Khoury (Siria-Libano)

Emmanuel Araba Aluma Ameri (Sud Sudan)

Ousmane Barry (Guinea)

Havana Jeejo (Iraq)

Gurun Anthony Korsuk (Sud Sudan)

Shubhashree Sathe (India).

I premiati della terza linea

Franco Stocovaz (Trieste)
Al lavoro, tutti lo conoscono, lo apprezzano e lo stimano per la dignità, la serietà e la serenità con cui affronta la vita, a casa e sul lavoro pur vivendo una situazione difficile con la moglie gravemente malata.

Anna Soldano (Associazione De Banfield) (Trieste)
Responsabile di un gruppo di volontari che operano da oltre vent’anni nell’ambito dell’associazione De Banfield per l’acquisto degli ausili per progetti di assistenza domiciliare e fisioterapia.

Daniela Hribar (Trieste) – ex equo con Gianfranco Bossi
Lavora in varie strutture e utilizza il tempo libero mantenendo la chiesa dell’ITIS frequentata da persone anziane.

Gianfranco Bossi (Trieste) – ex equo con Daniela Hribar
per la sua attività di assistenza e aiuto morale alle persone anziane dell’ITIS.


Galleria foto e articoli premiazioni

Prima Linea

Karoline Aprea

Antonella Cassino

Vittoria Coletti

Entony Pasquarella

IC. 2 Sant’Agata De’ Goti (BN)

     Invito e locandina per la premiazione del 9.11.2019

        

Alcuni articoli sul premiato Entony Pasquarella

   

Un articolo sulla premiata Vittoria Coletti

Un articolo sul premiato Belmonte Marcel

Antonella Cassino – Un video del TGR Regione Basilicata

Gloria Cilauro – Articolo inserito nel sito della scuola

Seconda Linea

Comunicato stampa del Collegio del Mondo Unito

 

 

 

Terza Linea

comunicato stampa terza linea 2019

La storia di Luca e Alessia (scritta dalla mamma di Luca)

La storia che sto per raccontare dura esattamente 5 anni.

In me, solo qualche settimana fa, quei 5 anni evocavano essenzialmente due cose: la durata della scuola primaria e la durata di quei 5 anni che, una volta trascorsi da una diagnosi di una malattia oncologica, ti fanno sperare di averla lasciata alle spalle.

Questi due eventi si sono perfettamente intrecciati nella vita di mio figlio Luca.

Il 10 giugno del 2007, era una domenica mattina, la prima successiva all’ultimo giorno di scuola, era la Domenica del Corpus Domini, il mio piccolo – aveva allora poco più di 5 anni – si svegliò all’alba lamentando un fortissimo dolore ai piedi; aveva anche qualche decimo di febbre. “Artralgie, nulla di preoccupante …” ci disse il pediatra venuto a casa la domenica stessa; lo stesso fecero alcuni suoi colleghi, interpellati nelle settimane successive da due genitori che vedevano il loro piccolo non solo non riprendersi, ma quasi venire meno ogni giorno di più. Ci volle all’incirca un mese per arrivare ad una infausta diagnosi di leucemia linfoblastica acuta. Dunque il 9 luglio Luca iniziò la terapia: 24 mesi di terapia – da protocollo. Durante questi 24 mesi però la vita doveva andare avanti. Luca aveva frequentato l’ultimo anno della scuola dell’infanzia accumulando un gran numero di assenze a causa di uno stato di salute molto precario (avvisaglie di quello che stava per accadere?). Compiva gli anni ad Aprile ed io, reputandolo pronto per la scuola primaria, lo avevo comunque iscritto alla classe prima, pur consapevole del parere non del tutto favorevole della sua maestra.

Così a settembre Luca avviò i suoi studi in ospedale con la dolcissima maestra Dori.

lucaTuttavia il primo anno di terapia, pur essendo molto intenso, prevedeva anche dei periodi più o meno lunghi di pausa: così da ottobre a Natale Luca era a casa circa 20 giorni al mese; non potendo frequentare la scuola a causa dei “valori bassi” che lo rendevano particolarmente sensibile alle infezioni, presi contatto con il Dirigente Scolastico, dott. Pepe, che mi fece conoscere le maestre. Insieme avviammo la pratica per l’Istruzione Domiciliare che sarebbe partita a Febbraio: a partire da quel mese infatti la terapia di Luca prevedeva uno stop di tre mesi durante i quali saremmo rimasti a casa. Dunque a Febbraio sarebbe partita l’Istruzione Domiciliare, quando eravamo a Roma ci pensava la Maestra Dori … e per il resto? È da ingenui pensare che tutto questo possa bastare per dare una preparazione adeguata ad un bambino che avvia il suo precorso di studi.

D’altra parte una mamma insegnante, in aspettativa per poter accudire il figlio, era pronta a mettere a servizio del suo piccolo le sue competenze; così cominciai, d’accordo con le maestre, a presentarmi a scuola a giorni alterni per recuperare i compiti da passare al mio “studente speciale”. Non essendoci ore a disposizione da parte delle docenti, mi presentavo a scuola a qualsiasi ora, interrompevo la lezione, prendevo i quaderni che dovevo al più presto riportare per permettere ai bambini di continuare a lavorare … no, così non poteva proprio andare … nonostante la generosa disponibilità da parte di tutti (docenti, dirigente, collaboratori e soprattutto bambini) mi rendevo conto di non poter continuare a recuperare i compiti con quella modalità. Pertanto confrontandomi con le maestre, alla mia domanda se ci fosse qualche compagnetto/a a cui potermi rivolgere senza dover ogni volta interrompere la lezione, mi fu fatto il nome di Alessia Cappellano: “è una bella piccina, sempre presente e molto attenta, si potrebbe rivolgere a lei” … e così fu.

Pur essendo il nostro un piccolo paese, e pur abitando a 100 metri di distanza, non conoscevo Alessia né i suoi genitori, eppure da subito mi hanno accolta, sono stati disponibilissimi; una o due volte a settimana mi presentavo a casa loro, prendevo tutti i suoi quaderni, li portavo a casa, ricopiavo i contenuti che proponevo poi nell’arco della settimana al mio Luca, per poi riconsegnarli alla sua proprietaria. Così siamo andati avanti per tutta la prima elementare e per gran parte della seconda: l’amicizia tra Alessia e Luca si è consolidata anche se per tramite di questa mamma; Luca e Alessia sono diventati amici pur non essendosi mai visti.

Ho sempre definito Alessia una “donnina” : responsabilissima, sempre attenta a recuperare la fotocopia in più per il suo amichetto, a farmi trovare i quaderni in ordine, a scrivermi sui foglietti anche gli avvisi magari di uscita anticipata o di qualche assemblea sindacale … non le sfuggiva nulla! È soprattutto grazie alla disponibilità di Alessia (nonché alla bravura delle maestre che evidentemente erano artefici dei contenuti di quei quaderni!) che il mio piccolo, quando in terza ha cominciato a frequentare la scuola con regolarità, non si è trovato in difficoltà dal punto di vista delle competenze e delle conoscenze. Questa sicurezza gli ha permesso, a mio modestissimo avviso, di affrontare con maggiore serenità un percorso d’integrazione in un contesto classe che è poi proseguito con alti e bassi nei due anni successivi. La classe tutta si è mostrata fin dal primo momento oltremodo accogliente nei confronti di Luca, anche se per lui la scuola era essenzialmente Alessia; come mamma e come insegnante sono consapevole del fatto che non fosse semplice rapportarsi a lui. Un bambino al quale per due anni non si è fatto altro che dire “Forza campione! Dài che ce la fai! Sei un bambino coraggioso!” con l’unico obiettivo di farlo sentire forte e in grado di sconfiggere la malattia e soprattutto di non farsi vincere da questa, è un bambino abituato a “vincere” che a tratti può apparire un po’ “viziato”.

Pertanto, trattandosi di bambini, gli scontri non sono mancati: eppure la piccola-grande Alessia ha continuato a fargli da angelo custode; anche negli anni successivi non sono mancate le assenze a scuola da parte di Luca: ebbene, quando la chiamavo al telefono e magari la rintracciavo a casa della nonna, mi rispondeva: “ Sapevo che avresti chiamato così ho portato con me i quaderni …” Viceversa non l’ho mai sentita dire una parola di critica; di occasioni ce ne sono state diverse in questi anni, motivi di incomprensione e di conflitto con la classe (episodi di bambini si intende, sempre moderati con sapienza dalle maestre!) eppure per bocca di Alessia non mi è mai giunta una parola a riguardo.

Al termine di questi 5 anni dunque, non posso fare a meno di guardarmi indietro e di fare un bilancio. E in questo bilancio la “donnina Alessia” copre sicuramente un ruolo speciale. Senza togliere niente ad alcuno dei compagni di classe, desidero segnalare il comportamento maturo, generoso e responsabile di questa bambina che, non solo nel momento dell’emergenza, ma lungo tutti questi 5 anni, non si è rifiutata né risparmiata nell’aiutare Luca e, visto il carattere di mio figlio, certamente non lo ha fatto in funzione di una facile gratificazione.

Sarei grata alla Scuola Primaria “Giovanni XXIII” di Statte, nella persona del suo Dirigente, se volesse considerare l’opportunità di trovare le modalità opportune per gratificare l’alunna.

Certa di trovare adeguato riscontro, invio cordiali saluti.

P.S. Certo la vita è proprio strana. Se avessi scritto questa “relazione” solo 8 giorni fa, probabilmente sarebbe finita qui, oggi invece sento il dovere di aggiungere due righe. Lo scorso 10 giugno, con una precisione degna della mezzanotte di Cenerentola, ancora una domenica, ancora la prima successiva all’ultimo giorno di scuola, ancora la Domenica del Corpus Domini, la malattia si è ripresentata e ora siamo nuovamente pronti a combattere. Due cose mi preme dire: non so ancora precisamente a cosa andremo incontro nei mesi a venire … certo, in visione di un trapianto di midollo, il cammino non potrà essere semplice. È proprio del mio carattere non lasciarmi abbattere e cercare viceversa sempre il lato positivo in ogni cosa che mi accade e a questo proposito non posso fare a meno di notare che Luca ha avuto la possibilità di concludere il suo ciclo di studi, in modo dignitoso e senza doverli interrompere anticipatamente rispetto al percorso dei compagni. Ha avuto grandi soddisfazioni a scuola che indubbiamente hanno contribuito a rafforzare la sua autostima, per ovvi motivi precaria all’inizio del percorso scolastico. E in tutto questo ancora una volta devo ringraziare la piccola Alessia. Ma c’è un secondo aspetto che voglio sottolineare. Quando ho dovuto per forza di cose ripensare ai ricoveri, ai Day Hospital e a tutto ciò che avrebbe comportato la ripresa della terapia, ero terrorizzata: nella prima fase della malattia ogni volta che entravamo in ospedale Luca non parlava con nessuno; si chiudeva a riccio, non salutava, non mangiava, non alzava mai lo sguardo … per tutta la durata del ricovero. Il timore che questo atteggiamento si dovesse verificare di nuovo mi terrorizzava. Invece, con mio grande stupore, in questa prima settimana di ricovero ho potuto constatare quanto mio figlio sia cambiato: è relativamente tranquillo, si relaziona con tutti, dai compagni di stanza, agli infermieri, alle volontarie ed i clown che aspetta con ansia per poter giocare con loro (unici momenti in cui si separa dai suoi “amati” video games), ai medici ai quali rivolge domande in continuazione mettendo in luce, appena gliene capiti l’occasione, quelle nozioni di scienze che ha acquisito in questi anni di scuola. Certo è cresciuto, tra 5 e 10 anni c’è una bella differenza, ma io sono fermamente convinta che questo suo mutato atteggiamento sia dovuto in massima parte al percorso educativo che le sue maestre hanno progettato e portato a compimento, lavorando in modo eccellente su Luca e tutti i suoi compagni. È a loro che rivolgo il mio grazie dal profondo del cuore.

Vicina a Maria Teresa…

E’ normale che una madre accudisca il proprio figlio, specialmente se è disabile. Se ci guardassimo attorno con occhi un po’ più attenti, chissà quanti casi di sofferenza e dedizione familiare potremmo scoprire.
Però la storia di Maria Teresa è diversa.
Ella dall’aspetto sembra fragile come una fogliolina al vento. I capelli corti, il fisico minuto, l’abbigliamento casual-sportivo, la fanno assomigliare a una ragazzina, ma la forza di Maria Teresa è tutta nelle sue idee.
L’ho incontrata casualmente in una libreria, dove presentava il suo libro “Cogliere un fiore e consegnarlo alla luce” e mi ha subito interessata.
Poi l’ho conosciuta meglio, ho visto suo figlio Enrico, che per un incidente al parto è nato spastico, non parla e non cammina.
La giornata accanto a Enrico è un infinito susseguirsi di gesti e attenzioni che vanno rivolti a lui: bisogna lavarlo, girarlo, imboccarlo, sistemarlo sulla sedia e ogni volta ricominciare senza mai stancarsi, senza farsi prendere dall’insofferenza e dallo sconforto.
Maria Teresa ha fatto di più, non ha mai trattato Enrico come un essere privo di coscienza e di desideri, ha sempre cercato di comunicare con lui, di fargli fare le sue scelte, finché è riuscita ad interagire con lui, non solo per gli aspetti del quotidiano, ma addirittura suscitandogli il desiderio di esprimersi in poesia…
Insieme hanno scritto il libro sopracitato, che Vi consiglio di leggere, per entrare in un mondo che alla maggioranza di noi è sconosciuto, o giudicato secondo “clichè”, ma che invece è ricco sia emotivamente che culturalmente.
L’impegno di Maria Teresa non è dedicato solo a suo figlio, ella è diventata il punto di riferimento per tante famiglie colpite da un evento così grande, che affrontano con le reazioni più diverse: dalla rabbia al rifiuto all’isolamento.
Maria Teresa non smette mai di lottare per suo figlio e per loro.
Inoltre ha creato intorno a sé una vasta rete di volontari, ma questo forse ve lo racconterò un’altra volta…
Per lei ho scritto di getto la poesia che allego.

Adriana Marini


MARIA TERESA!

Maria Teresa,
piccola donna forte
sei riuscita a infrangere i muri
che la sorte
ti ha posto sul cammino
col fragile bambino.

A Enrico, soffio di vita
che non sa camminare
pian piano hai costruito le ali per volare…

Lui che non sa parlare
conosce la magia
di scrivere parole
in forma di poesia.

Eppure tutto questo
ancora non è niente
intorno a te hai coinvolto tanta gente:
parenti amici e sconosciuti
che hanno dato e ricevuto aiuti!

E tutto questo giro
di amici e di parole
è stato naturale
come il sorgere del sole.

Ma quello che considero
“miracolo a Milano”
è il tuo rapporto vivo col marito Adriano…
E anche se a volte la tua vita si sdoppia
con lui non hai mai smesso di essere una coppia!!

Adriana Marini

Maggio 2003

Recensione del libro “Cogliere un fiore e consegnarlo alla luce”

MARIA TERESA MOSCONI ED ENRICO CARLO STRAULINO
“COGLIERE UN FIORE E CONSEGNARLO ALLA LUCE”
PREFAZIONE DI DOMENICO CARA
EDIZIONE: LABORATORIO DELLE ARTI -MILANO

“Maria Teresa Mosconi e il libro che ha scritto con il figlio mi hanno fatto tornare indietro quando con Adriana Marini avevamo la responsabilità della pubblicazione di un giornale studentesco, il NOI STUDENTI che, lei da Milano e io dalla Sicilia, cercavamo di far leggere ai nostri compagni di scuola. Per quanto mi riguarda devo dire che è stato un successo giovanile e sono lieto oggi di presentare il libro di Maria Teresa Mosconi tramite la cara amica Adriana Marini.
Questo libro per me rappresenta l’esempio,il coronamento,il successo dopo tanti anni di paziente lavoro comunicativo tra due “esistenze”. Una madre che riesce a stabilire un “contatto”, a dialogare con il figlio nonostante i pareri negativi espressi per anni dai “tecnici”, è la conferma che tutto si può fare con l’amore,la generosità e la bontà.”

Aldo Pianciamore

Lettera inviataci da Massimo Tedesco

Siamo lieti di ospitare la lettera inviataci da Massimo Tedesco e segnalarla come iniziativa di bontà.

Gentile dott. Pianciamore,

desidero segnalare a lei e al Comitato del Premio alla Bontà la vicenda di Andrea Canziani, vicenda nella quale mi sono imbattuto casualmente essendo stato invitato a creare il suo sito: www.ilsognodiandrea.it.
Andrea è un ragazzo triestino che all’età di 10 anni è stato colpito da un angioma celebrale che lo ha dapprima fatto entrare in coma e poi costretto all’immobilità.
I suoi genitori, non rassegnandosi all’idea di una vita vegetativa, hanno iniziato una odissea in diversi centri neurologici internazionali alla ricerca di una cura, fino a quando si sono imbattuti negli Istituti per il Raggiungimento del Potenziale Umano di Filadelfia (USA) che promuovono una terapia riabilitativa innovativa: il “Metodo Doman”.
Si tratta di un metodo atto a favorire il recupero dei bambini cerebrolesi, la cui peculiarità consiste nel fatto che tutto viene svolto a casa del bambino, nel suo ambiente familiare. La sua palestra, la ginnastica, l’istruzione, tutto avviene all’interno delle mura domestiche ed il programma viene svolto dalla stessa famiglia, con l’aiuto di amici, parenti e comuni volontari che offrono qualche ora del loro tempo libero per mettersi a disposizione del bambino.
Andrea, grazie all’intensivo programma della terapia Doman, è passato da uno stato vegetativo a una fase iniziale di mobilità che è in continua e progressiva evoluzione. Ha ricominciato persino a scrivere autonomamente e si regge da solo in piedi per alcuni minuti fino a spiccare tre passi per raggiungere il tavolo in maniera autonoma. Progressi che, solo cinque anni fa, ben pochi avrebbero osato prevedere.
Esiste una vera e propria gara di solidarietà a Trieste per aiutare Andrea a raggiungere il suo sogno: poter camminare di nuovo. Centinaia di volontari si alternano continuamente per fargli compiere gli esercizi prescritti. Sono persone che credono nel metodo, ne hanno visto le potenzialità e nulla desiderano in cambio, venendo ripagati solamente dal sorriso riconoscente di Andrea.
Sono rimasto colpito da questo lampante esempio di bontà collettiva che si svolge in assenza di clamore a Trieste e del quale non ero a conoscenza.
Naturale, a quel punto, è stato il collegamento con il Premio alla Bontà Hazel Marie Cole.
I genitori di Andrea hanno bisogno di pubblicità perché il loro obbiettivo primario è quello del reclutamento di nuovi volontari e il Premio alla Bontà, ben conosciuto in città, con la sua capacità di attrarre visibilità e sempre attento a vicende simili a questa, non poteva non esserne messo a conoscenza.
La invito a visitare il sito per ulteriori approfondimenti: www.ilsognodiandrea.it.
Cordiali saluti.

Dopo la tempesta, la … calma

Dopo un mese trascorso con enormi sofferenze a Cattinara, il 23 novembre mia mamma è finalmente dimessa e può essere accolta nella RSA San Giusto, stanza 110, l’ ultima del lungo corridoio. La stanza è bellina, ma la compagnia non è delle più allegre: vicino alla porta c’è Rosa, 95 anni, tenuta in vita dall’ossigeno dopo 3 ictus avuti in 2 mesi. Dall’altra parte c’è Albina, che non fa altro che invocare tutto il giorno i nomi dei familiari o addirittura della mamma; di fronte c’è Vanna, che si è fratturata braccio e femore ed è sul depresso… A Rosa, la peruviana molto gentile che ha accolto e che lavora con la porta aperta, accenno subito alla possibilità di metterla in una stanza meno triste… Ma piano piano, giorno dopo giorno, l’atmosfera cambia. Già la sera stessa scopro che Albina è la nonna di Fabio, mio ex-alunno, e di Manuela Declich, consigliera comunale. Il giorno dopo vengo a sapere incidentalmente che la figlia di Rosa è amica di Paola Bissaldi e desidererebbe i Sacramenti per la mamma, prossima a varcare la soglia dell’eternità. Infine scopro che Vanna è parente di Fabio Spehar, il fisioterapista già amico nostro di gioventù che aveva aiutato nostra mamma quando si era fratturata la gamba tre anni fa. Ho visto nuove queste persone che soffrono come noi per la situazione della persona loro cara.
L’amore per mia mamma e per le altre persone mi ha suggerito un’idea: chiedere a don Muggia, che celebra la Messa nella cappella dell’ITIS in mancanza di un cappellano, che venga a dare l’ Unzione degli Infermi a Rosa e porti Gesù Eucaristia a mia mamma nel giorno del suo 99 compleanno. Così domenica 26 novembre, dopo la Messa celebrata presso le Suore di Carità, porto in macchina all’Itis don Giampaolo e mi reco con lui nel reparto RSA: trovo la stanza rifatta bene, mia mamma che lo aspettava in corridoio insieme a Vanna che era contenta anche lei di ricevere Gesù (come di sentire Radio Maria!). Ho disposto i fiori portati per il compleanno della mamma, ho letto il Vangelo e poi ho assistito don Giampaolo mentre davano l’unzione degli infermi a Rosa… Qualche ora dopo, tornata per il pranzo, mi vedo arrivare una pianta di ciclamini dai parenti di Rosa in segno di riconoscenza. Questa pianta il giorno dopo l’ho portata in chiesa dell’Itis insieme alla badante di Rosa, che era contenta di sapere che c’è una chiesa in questo luogo di sofferenza. E lei si prende cura di Rosa ma anche di mia mamma, di Albina, di Vanna quando non ci siamo noi parenti. Il personale si stupisce di quest’accordo che trova entrando nella stanza 110, come hanno mostrato di gradire le paste che abbiamo portato loro dopo la festicciola che abbiamo fatto domenica pomeriggio con i nipoti e una pronipotina per solennizzare con una nota allegra questi 99 anni, con la speranza di poter fare presto a casa sua una festa vera e propria con la classica torta. E’ qui per la riabilitazione e con la speranza di poter tornare a casa sua, con l’aiuto di Dio e …dei fisioterapisti e la forza indomita di volontà che la caratterizza da sempre.

Rita Corsi

Storia di Mama Dolphine

Mama Dolphine ha tragicamente perduto due figli (14 e 21 anni). Disperata, ha perso anche il lavoro di insegnante.

La sua crisi esistenziale si trasforma però in un bene per tanti ragazzi di strada.

Incontra bambini orfani e con il marito offre loro un tetto. Nel 2006 fonda la “sua” Non Formal School per dare istruzione a tanti giovani di strada. (Troppo cara la scuola pubblica per le famiglie).

Nel 2014 muore il marito ma i ragazzi l’aiutano a continuare nella sua opera diventata ormai una missione.

Oggi oltre 160 alunni frequentano il complesso di Mama Dolphine che ha anche una nursery per consentire ad altri 20 ragazzi e ragazze di frequentare la scuola secondaria e ad otto ragazzi di frequentare l’università, pagando loro il costo degli studi.

Uno dei ragazzi aiutati all’inizio si è laureato ed ora l’aiuta nella grande opera di bene intrapresa, dimostrando che le disgrazie possono trasformarsi in opere di bene.